Myriam Cappelletti

TRANSITI

Le opere di Myriam Cappelletti non sono opere decorative, frutto di un interesse prettamente formale, non sono opere autoreferenziali, guidate dalla spinta di un ego creativo.

 

Premesse fatte, al fruitore spetta il compito di essere disposto ad andare in profondità, compiere il “trans-sito” e, come ricercatore di perle, a rinunciare a nuotare in superficie e dove si tocca per inoltrarsi negli abissi.

Accettato questo rischio chi si incontra in profondità? Un essere spesso presente e quindi simbolicamente molto importante nel mondo poetico dell'artista. È il “pesce”, ovvero  l'”uomo sognante”, fuor di metafora l'uomo che per capirsi e capire è disposto ad andare “a fondo”, oltre le superficiali apparenze.

 

Fare questo è però sempre difficile, può “mancare il fiato”, il cuore può vacillare. Myriam, donna-pesce/artista, non solo ci mette di fronte a questa scelta oltre la superficie, ci offre anche la sua strategia per affrontare l'immersione e in quadri come “....”* ci racconta tutto questo.

In quest'opera, infatti, che è concepita come un dittico, nella parte rettangolare destra, più piccola, è rappresentata simbolicamente, attraverso un intreccio di linee orizzontali e verticali con un impianto molto geometrico, la dimensione razionale dell'esistenza, quella delle azioni ripetute quotidianamente, allo stesso tempo più rassicurante, ma più piatta, più di superficie, ovvero tutti gli impegni costanti, non pochi, non sempre facili, che ad esempio una donna  ha come madre, come moglie. Nell'altra parte , invece, caratterizzata dalla rottura dello schematismo geometrico sopra descritto, in un'esplosione segnica che trova il suo culmine al centro della composizione dov'è rappresentato gestualmente un cuore che si “apre” verso il lato sinistro della rappresentazione, completamente occupato da un'ampia campitura di colore luminoso, caldo, chiaro, avvolgente e indefinibile, è  raccontata la necessità, lo sforzo dell'artista di dare spazio alla parte più emotiva, istintiva, creativamente luminosa di sé attraverso l'apertura del cuore che per questo è disposto a subire dei “piccoli infarti” come i graffi-cicatrici di colore che lo segnano.

 

Diceva Pascal che “Il cuore ha ragioni che la ragione non conosce”!

Myriam ci dice allora che attraverso un cuore coraggioso ci si può  aprire alla nostra luminosità, ma anche all'altro.

 

Nell'opera “La terra che conosco”, allo stesso tempo potente per la trattazione segnica della materia-colore e leggera, calda, essenziale per l'impianto compositivo e coloristico, lo sguardo è colpito dalla sensazione di apertura, dalla mancanza di confini, il quadro sembra potersi espandere all'infinito, come se fosse in realtà una finestra da cui guardare paesaggi in lontananza avvolti nelle nebbie all'alba. In tutta questa sottile essenzialità lo sguardo può trovare un piccolo lacerto, applicato a collage, con delle scritture a caratteri arabi. L'apertura che caratterizza il quadro ci suggerisce quindi la necessità di relazionarsi anche a culture diverse da quelle del mondo occidentale  togliendo il confine del pregiudizio.

 

Le opere di Myriam testimoniano la possibilità, da dover perseguire  con grande impegno, di poter fare luce e togliere i confini, tra sè e sé, tra le persone, tra le culture, attraversandoli “trans- sitandoli” appunto. In lei c'è l'ottimismo che la dispone ad accettare la sfida di essere donna e artista. E proprio alla luce l'artista dedica l'opera “A story without darkness”. Nei quindici pezzi che la compongono la luce è omaggiata nelle sue funzioni vitali e concrete come in “Light for living”, “Light for security” e in quelle metaforiche e poetiche “La luce rompe e incanta, taglia l'oscurità” e “Luce per amare”.

 

Manuel Grosso

 

25 marzo 2010